lunedì 21 marzo 2016

Le mani di B.



Quelle che vedete sono le foto delle mani di B. E' un ragazzotto, appena diciottenne, egiziano che ho conosciuto in Casa famiglia nei suoi ultimi mesi di comunità. Un ragazzo come tanti, con tanta voglia di vivere, desiderio di fare, cercare ragazze e sopratutto lavorare. Un ragazzo come tanti eppure così diverso dai ragazzi italiani della sua età.

E' venuto in Italia per questo: lavorare. In Casa famiglia è andato a scuola, ha cercato di imparare più in fretta possibile l'italiano, si è dato da fare  per imparare ad essere autonomo e gestire le faccende quotidiane.

Una notte di dicembre, fredda e stellata come solo le notti invernali sanno essere, l'ho intravisto da solo che guardava il cielo e mi sono fermato con lui a guardare le stelle. Mi ha raccontato i suoi sogni e le paure che aveva di affrontare il mondo. Era contento di poter guadagnare e mandare i soldi a casa, aiutare tutta la sua famiglia. Mi ha colpito la sicurezza di un destino preordinato, confezionato, già determinato, il suo futuro imminente sarebbe stato quello di operaio generico in un ingrosso di frutta.

Si sentiva molto fortunato perché rispetto ad altri ragazzi egiziani aveva un progetto chiaro e definito. Si sentiva fortunato ... diceva ma i suoi occhi mentre parlava erano lucidi. Perché dentro quel binario, sui cui già viaggiava, non vi era posto per nient'altro. Tutto escluso, la voglia di continuare a giocare, suonare uno strumento, studiare una materia che tanto gli piaceva, curiosare nel mondo, camminare in montagna, amare e condividere cieli azzurri con una giovane donna, leggere un libro e conoscere tanti altri ragazzi.

L'altro giorno è tornato per i suoi documenti e mi ha offerto un caffè al bar orgoglioso del suo stipendio. Sorrideva meno, aveva gli occhi stanchi e le mani logorate di chi lavora tutti i giorni 14 ore al giorno a scaricare mele, banane e altro. Ma più che le mani, logorati erano quei sogni che fino a qualche settimana prima, velatamente, coltivava in cuor suo.

Cambierà pure la società, le figure professionali, i contratti di lavoro, le aziende ma ogni uomo nel lavoro continua a cercare la sua identità e la sua dignità. L'abuso di potere nel mondo del lavoro esiste da sempre e anche oggi si perpetua sui poveri, sugli ultimi, sui disgraziati, sui senza speranza.

Non c'è strategia di marketing che possa essere vincente senza il cuore, la fantasia, la passione, la volontà di un uomo, oggi più di ieri bisogna gridarlo!

per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti,
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti… F. De Andrè









 

lunedì 14 marzo 2016

Ma se ci riuscirò un giorno sarai pronto a volare ... E.Finardi


Sono un padre anch'io. Ho dei sogni per mio figlio, contemplo i suoi occhi quando si riempiono di meraviglia per la vita che scopre. Provo a costruire a pezzetti il nostro futuro la sera quando torno a casa dal lavoro e cerco dei momenti solo con loro. 

Questa sera, durante la cena, passava il solito telegiornale con il solito festival dell'orrore del mondo a cui ci siamo tutti anestetizzati. Passavano le immagini apparentemente sempre uguali, tranne una che mi ha fatto trattenere il respiro. Un padre con in braccio il figlio guadava un torrente nel flusso inarrestabile di gente davanti e dietro di lui. 

Il bambino stringeva forte le mani e le gambe abbracciato alla sua roccia, aveva uno sguardo più curioso che spaventato, dall'alto delle braccia di suo padre osservava il mondo intorno a lui. Chissà che pensieri ha fatto ? Chissà che ricorderà? Ho poi pensato a quel padre, e inevitabilmente a me, e a quanta forza mi stava dando quella testimonianza di vita piena di fatica e speranza. Ho immaginato in una frazione di secondo il freddo dell'acqua, le grida degli altri, la forza nelle gambe e la capacità di rimanere in equilibrio, lo sguardo fisso concentrato sulla sponda da raggiungere, i muscoli tirati, il fiato sospeso e per tranquillizzare il bimbo sempre il sorriso sulle labbra. Non ti conosco, ne credo ti conoscerò mai ma questa sera mi aiutato ad essere padre ancora di più. Che Dio ti benedica!

A te e a tutti i padri che in questo giorno hanno dato loro stessi per i loro figli, per voi la poesia di Eugenio Finardi.




   






domenica 6 marzo 2016

Abbiate fame .. diceva Steve Jobs

Cari amici, abbiate fame diceva Steve Jobs nello storico discorso dell'Università di Stanford. Ho ascoltato questo discorso molte volte e mi ha sempre emozionato anche se fino in fondo non l'ho mai compreso. Fino a tre mesi fa quando ho conosciuto V. in Casa Famiglia. Lo osservo con attenzione da settimane, guardo i suoi sguardi quando studia, osservo le sue mani quando cerca di imparare l'arte del ferro, la falegnameria, ascolto il suo sorriso quando con lo stesso identico entusiasmo lava i piatti, pulisce i bagni, riordina la Casa. V. è diverso dai ragazzi che incontro, dalle persone che conosco perché V. ha fame della Vita e se la mangia tutta, senza lasciare nessuna briciola. Osservandolo giorno dopo giorno ho visto cosa significa avere una mentalità vincente. V. Avrebbe molti motivi per essere afflitto. È l'unico della sua nazione (est europeo) e della sua lingua in Casa Famiglia, deve  mangiare arabo perché la maggior parte dei ragazzi impone questo, nella sua camera, dove dormono ragazzi africani, nessuno vuole studiare, nessuno vuole partecipare ad altre attività, non ha potuto studiare prima e lavora da quando ha 10 anni come contadino e poi in una fabbrica di scarpe in Turchia. Lui, che adesso ha 17 anni, guarda il mondo intorno a se e vede tutto come una opportunità, guarda sempre il bicchiere sempre pieno, mette entusiasmo in tutto perché non c'è attività o relazione che non sia una scoperta. Alle soglie dei miei 44 anni V. è un maestro, uno stimolo. Perché in fondo sono convinto che continuare ad avere fame della vita non è un problema di età, di cultura, di lingua, di posto in cui ti trovi. E' un allenamento dello sguardo, della testa e una posizione del cuore che cerca la Meraviglia.


domenica 28 febbraio 2016

Credo negli esseri umani è l'inizio di un' avventura, la voglia di raccontare quanto ho visto in questi anni e quanto continuo a vedere nel mondo del lavoro come sociologo, educatore e operatore sociale. E' la voglia di raccontare chi resiste alla vita anche se avversa, anche se è piena di croci. Resiste alla vita e vive di più perché il tempo delle sue giornate è pieno. Da diciotto anni lavoro con persone a grave rischio di marginalità sociale. Mi sono occupato di tossicodipendenti al ser.t, e in comunità di recupero, di disabili ed impegno nel mondo del lavoro, di povertà così dura da toglierti anche l'ultima traccia di dignità. Adesso mi occupo di minori stranieri non accompagnati, un'esperienza umana dura, impegnativa e avvincente dove la cosa più importante è avere il coraggio di essere umani anche dopo quello che hanno visto e che traspare dai loro sguardi.   
Quello che accade a Roma e nelle altre città metropolitane d'Italia.

http://video.espresso.repubblica.it/inchieste/esclusivo-noi-i-ragazzi-dello-zoo-di-roma/7785/7832